Unbroken - una foodblogger al cinema
Quando mi hanno invitata all'anteprima per la stampa del film Unbroken, uscito nelle sale il 29 Gennaio, ho pensato: Cosa c'entro io con un film?
Poi mi sono risposta. Io scrivo. Punto.
Di cosa io scriva è superfluo, trovo il modo di comunicare le mie emozioni, che si tratti di un piatto di carbonara, di un giro su una Smart o di un film al cinema, poco importa.
E così sono andata, al cinema Barberini di Roma, e mi sono ritrovata in una sala gremita di giornalisti dello spettacolo e quanto mi son sentita fuori contesto non ve lo sto manco a dire.
Poi però si sono spente le luci, il film in lingua originale sottotitolato e iniziato e io ho incominciato a far incetta di emozioni.
Unbroken racconta la storia vera di un uomo che non si è fatto piegare da nulla, la storia straordinaria di un uomo normale, figlio di immigrati italiani che sin da bambino dimostrava di avere un temperamento forte e ribelle, che ha trovato nello sport (la corsa) lo sfogo e il canale per indirizzare le sue energie, uno sfogo che l'ha aiutato a non perdersi.
Così è arrivato alle Olimpiadi. Così le ha vinte, nella Germania di Hitler. Da lì poi, però, la guerra, arruolato come puntatore sui bombardieri, viene abbattuto con i suoi amici e compagni, ragazzi come lui, giovani spaventati che si ritrovano a dover sfuggire a 47 giorni di solitudine e fame in mezzo all'oceano. Poi i campi di prigionia giapponesi, i soprusi, l'odio e l'invidia di chi dovrebbe solo "controllarlo" e invece finisce per sfogare su di lui le proprie frustrazioni di giovane comandante nipponico frustrato e fallito.
Guardando il film, vedendo tutto quel che è successo a questo ragazzo, più e più volte la domanda è stata: come ha fatto.
Come ha fatto a non impazzire, a non cedere, a non desiderare la morte. O magari così è stato, magari ha desiderato più volte la morte ma non ha ceduto, la voglia di vivere ha avuto il sopravvento, magari era coraggio il suo, magari era desiderio di non darla vinta al nemico, chissà, fatto è che - dopo anni di progionia in mano ai giapponesi è riuscito ad arrivare a vedere i suoi compatrioti vincere, è riuscito ad arrivare alla fine della guerra.
La Jolie, nel suo film di esordio alla regia, ha scelto di raccontarci una storia vera, affiancata dai fratelli Coen (che hanno curato la sceneggiatura) e ha visto la sua creatura candidata a tre premi Oscar (miglior sonoro, montaggio sonoro e fotografia).
Per prepararsi al meglio ha interpellato lo stesso protagonista, quello vero, in carne e ossa, Louis
“Louie” Zamperini, morto a Luglio, all'età di 97 anni, cinque mesi prima dell'uscita nelle sale della storia che celebrava la sua vita.
Non conoscendo i tempi tecnici mi chiedo se sia riuscito a vedere il film finito, se abbia potuto sedersi, in una di quelle piccole salette adibite a visioni private, poggiando le sue stanche ossa su poltrone di pelle morbida, e le sue mani su forti braccioli a cui aggrapparsi durante le scene più vive, dove il ricordo scopre i nervi e le sensazioni di dolore tornano alla mente.
Chissà se ha apprezzato la ricostruzione della sua vita, se gli è parso che scorresse davanti a lui pressata in una manciata di minuti, se una lacrima ha solcato il suo volto e annebbiato i suoi occhi azzurri durante le scene che meglio hanno rappresentato il dolore che si portava dentro.
“Louie” Zamperini è morto ma continua a vivere anche grazie a questa pellicola, che lo celebra come eroe normale, come uomo che - semplicemente - non si è mai arreso.
...la nuova canzone inedita scritta e
interpretata per Unbroken
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