Vedi Napoli e poi... ci torni
Tempo fa avevo scritto un post dove vi raccontavo del mio primo incontro con Napoli.
Non posso dire che sia stato un colpo di fulmine, è stato un amore nato poco a poco, vicolo dopo vicolo, botteguccia dopo negozietto.
Piatto dopo piatto.
Un paio di mesi fa sono tornata a Napoli, in un qualsiasi martedì feriale e non nell'assolato e vacanziero Agosto come era stata la prima volta, e ho visto uno scorcio verace di questa città.
Le strade semivuote del centro, i locali storici di street food senza folle accalcate davanti, la mollezza del quotidiano mista - a tratti - a una frizzantezza che appartiene solo ai luogi da Cassino in giù.
La seconda visita a mò di toccata e fuga è stata pianificata nei minimi particolari. La missione era "mangiare quello che non si era riuscito la prima volta".
Mi fa strano, oggi, parlare di quel giorno ma è proprio oggi che mi sono svegliata sentendo delle scosse avvenute in piena notte in quelle zone e mi sono sentita vicina, se non alle persone (non ho amici in quella città) a tutti gli sguardi, le risate, il ciarlare a voce alta che ho incontrato quel martedì.
Torniamo a noi.
Intanto uno spoiler: mi servirà un'altra incursione nella città partenopea perchè ancora ce ne sono di cose da assaggiare, segno che questa è forse la città più poliedrica e ricca a livello enogastronomico di tutta la penisola. Non a caso, nella classifica Best Food Cities 2025, è risultata la città al mondo dove si mangia meglio.
Non mi sono bastati infatti 4 + 1 giorni per provare il provabile, per assaggiare, assaporare, strafogarmi con più o meno eleganza.
Ecco, quindi, il resoconto preciso della scorribanda napol-culinaria.
All'arrivo in stazione, l'ora era propizia per una commovente graffa, calda calda. Una graffa presa in un posto qualunque, perchè - come ho già scritto - a Napoli si mangia bene ovunque (o comunque io son stata fortunata).
insieme alla new entry avevo il desiderio di riprovare qualcosa che mi aveva regalato gioie e ricordi memorabili, tipo la sfogliatella Vesuvio.
Ora, sarà un caso, sarà l'aspettativa ma tant'è, nello stesso locale della volta scorsa le sfogliatelle Vesuvio non rendevano. Vecchie, a me son sembrate proprio vecchie. Che peccato.
![]() |
Sfogliatella Vesuvio crema e amarene |
![]() |
Sfigliatella Vesuvio crema al limoncello |
Proseguendo la mattina, passeggiando in attesa che il mangiato scendesse e lo stomaco, in qualche modo, si liberasse, sono incappata nella frittatina di pasta di un locale ben conosicuto: Dal Presidente.
La consiglio a chi non ama la frittata di pasta, perchè potrà ricredersi. Il boccone caldo che scendeva in gola e faceva lacrimare di gioia e passione gli occhi è uno dei ricordi più impattanti della giornata.
Dalla lista delle specialità da provare ho invece depennato la Limonata a cosce aperte. Una bevanda di strada a base di acqua e succo di limone appena spremuto a cui viene aggiunto del bicarbonato, da qui il nome: friggendo, la bevanda straborda e se non la bevi "a cosce aperte" te la ritrovi tutta sui vestiti. Non amando il bicarbonato però...io ho passato.
Cammina cammina, Pollicina è arrivata all'ora di pranzo. Sul pranzo si è preferito non improvvisare ma chiedere a un indigeno del posto qualche consiglio in merito. Mai scelta fu più azzeccata.
Lontano dai clamori la Trattoria Da Ettore ha saputo regalare gioie inenarrabili a partire dalla famigerata Pasta patate e provola. Ammetto, non è che l'idea mi ispirasse, pensavo - da romana - "che ci sarà mai di così speciale in un piatto di pasta con le patate?"
Sciocca! Mi avrebbe gridato dietro Gandalf (semi cit.) E' stata una vera delizia, la coccola del cuore. La semplicità di una bella ragazza acqua e sapone.
A seguire la parmigiana di melanzane, una parmigiana che - a guardarla - non le daresti una lira (e la foto rende l'idea del mappazzone) mentre, nell'assaggio, era di un delicato unico: sottilissime fette di melanzane fritte si alternavano a sugo di carne, parmigiano e basilico.
Atro piatto da provare, le polpette al sugo, diverse da quelle tipiche romenesche, buone in ugual misura.
In ultimo un assaggio di friarielli per pulirsi la bocca, o la coscienza...
La passeggiata è proseguita e - incredibilmente - dopo 2 ore e mezza la fame è tornata. Oppure uno spiraglio si è aperto nello stomaco, spiraglio tale da permettere l'assunzione di mezza pizza fritta preparata al momento nel rinomato localino "Da Gennaro" e così farcita: ricotta, pomodoro, ciccioli e provola. Il tutto fatto scendere in allegria con uno spritz a portar via del locale di fianco. L'ho fotografata con a fianco la mia mano, giusto per rendere l'idea della grandezza...
A questo punto, vi parlo in sincerità, io ho iniziato a vedere Cristo, la Madonna e pure Maradona che mi dicevano: basta, Na'. Va bene così. Sei stata grande. Ora puoi riposarti.
Ma è anche vero che un famoso detto recita "mi riposerò da morta" e così - in stazione - è iniziata la ricerca di un locale dove assaggiare uno dei piatti per cui ero venuta a Napoli: la Genovese.
Sì perchè Ettore mi aveva lasciata con l'amaro in bocca in quanto in menù - quel giorno - la genovese non c'era. E così - come era già capitato la prima volta con la montanara - mi son lasciata risucchiare dal butta dentro di un locale qualsiasi, certa che non sarebbe stato come infilarsi nei localini turistici della Roma storica e dopo 5 minuti è partita l'ennesima ordinazione di cibo: una pizza margherita e una genovese.
Potrei dirvi che questo è tutto.
In verità la mattina dopo la colazione è stata a base di uno dei dolci napoletani che posso dire di amare di più: il raffiolo, una cassata napoletana che mi sono portata in giro per 12 ore nello zaino e che non ha passato indenne l'avventura, conservando però il fantastico sapore che ignoravo e che mi ha conquistata al primo morso.
Provate anche le sfogliatelle, sia ricce che frolle, del famoso forno Attanasio, dove ho scoperto che - quello che le differenzia dalle normali sfogliatelle che mangio solitamente a Roma - è il ripieno, incredibilmente spumoso (ho l'acquolina in bocca solo a scriverne. Maledetti!)
Infine a chiudere la lunga lista dei "to do (eat)" il tarallo napoletano: croccante, dolce, salato e impegnativo. Come Napoli.
Una canzone da associare a questo post? Ho pensato a Lui.
Su tutti. Lui, che insegna (agli uomini) come amare le donne.