L'amore smuove le montagne.
L'amore (mio) ha smosso me. E' stato
lui l'uomo che mi ha portata a conoscere Napoli.
Era agosto quando siamo partiti da Roma e abbiamo fatto varie tappe,
dormendo ogni notte in una città diversa, ogni mattina svegliandoci in un letto
differente, in posti belli, in posti improbabili, in posti che "chi se ne
importa del posto se i miei occhi si perdono in te, però... scusa... tesoro...
devo dirtelo... in questa stanza di albergo non c'è l'aria condizionata!"
Alla fine siamo approdati a Napoli.
Le premesse che mi erano state fatte erano quelle di
chi non è napoletano e un po' gli dispiace, perché si vede che ce l'ha nel
sangue, che ci si trova bene in quel marasma di vicoli a tratti claustrofobici,
in quei vialoni eleganti che fanno molto "ma siamo in Prati o al
Sud?", in quei panorami che si perdono tra mare, isole e nidiate di case a volte così vicine che tra un palazzo e l'altro in tanti ci tendono un filo con i panni messi ad asciugare, io ci tirerei delle amache colorate per dondolarmi sull'allegro mondo che brulica di sotto.
La mia prima reazione, girando in lungo e largo il
centro nevralgico della vita napoletana, è stato di smarrimento. Non mi
aspettavo che Napoli fosse così tante cose, così tanto vivace.
Napoli è erotica, è godereccia, è una femminona con le
tette grandi e un po' cadenti per il peso.
Napoli è una zozza ma non è sporca, è burlona, è
divertente, è sensuale e gioiosa.
Napoli è lassista, svogliata, a Napoli piace bere e
beve tanto.
Spritz per la precisione, così tanto e così ovunque
che pensavo di stare in Veneto, non fosse che qui te lo servono con solo vino bianco
nelle tre varianti Campari, Aperol o Limoncello ma sempre e solo Spritz
annacquato, che paghi da un euro a otto, che bevi a portar via mentre passeggi
pensando a cosa ti sfizia di più, pensando se vuoi mangiare o vuoi solo
abbandonarti a ridere.
Mi ha traghettato, Lui, per le vie dello street food,
il mio Caronte buongustaio, mi ha proposto di assaporare Napoli partendo dal
palato e così il primo morso l'ho dato a un'arancina con ripieno di baccalà,
che fa molto poco cucina napoletana ma tanto contaminazioni, quelle
contaminazioni e quei furti benevoli di tradizioni che a questi indigeni
piacciono tanto e vengono anche molto bene.A seguire un coppo di pesce, in un negozietto a caso,
dove non c'era fila in quel momento. Spaghetti, crocchette di baccalà,
acciughe, polpo, anelli di totano, alghe fritte e poi cubotti di salmone, di
pesce spada e ancora altro, tutto quello che può entrare in un cartoccio, in
dosi singole per poter affondare i morsi in piccole perle di stupore.
Proseguendo, la montanara fritta, a botta di fortuna,
un altro localino di quelli che a Roma definirei acchiappa turisti ma che
qui a Napoli sono posticini dove la pizza fritta con rucola, cuore di bue
fresco e mozzarella di bufala ti lascia senza fiato e fa venir fame anche
a chi di fame pensava di non averne più!
Quel che ci ha stupiti è che dovunque cadi, cadi bene,
il cibo è fresco, cucinato in modo semplice, senza spezie né piccante, piatti
di cuore che non solo non tradiscono ma stupiscono. Sbagliare locale è
davvero difficile.
Se giri per Napoli e sei fortunato, se cerchi bene o
ci capiti per caso, puoi trovare i banchetti che vendono 'o pere e 'o musso,
piede e muso del maiale bolliti, tagliati a pezzetti, innaffiati con succo di
limone e salati a pioggia. Mi sono innamorata, non lo nego.
Io che amo i nervetti conditi della tipicità romana ho
abusato di questo piatto, rimpinzandomene più volte sotto gli sguardi
soddisfatti ma a tratti un po' schifati del mio compagno.
I ristoranti meritano una menzione a parte.
Immaginatevi una sera nei quartieri spagnoli, immaginateveli
pieni di localini, immaginatevi la scelta così vasta da non capirci nulla. Dopo
un paio di tentativi andati a vuoto perché, pardonne moi, ma "io non
faccio le file per mangiare" convinco Lui a sederci in questo posto,
semplicemente un posto come gli altri, ma con un tavolino che si era appena
liberato davanti a noi.
Sauté di cozze, vongole e lupini di mare con pane
fritto in fondo alla fiamminga, un gesto a tradimento per farmi commuovere,
un'insalata di mare con totano così fresco da sembrare vivo e una grigliata che
non delude. Il tutto annaffiato da vino bianco frizzante alla "no, tanto
io non bevo, prendilo solo per te" che poi - puntualmente - si trasforma
in "maronn sto vinello come va giù bene, me ne verseresti un altro mezzo
calice?"
Le colazioni sono state servite in pasticceria, quando
i B&B fanno accordi con i locali limitrofi a guadagnarci è spesso il
turista. Colazioni salate? Parigina o Panino napoletano per Lui. Colazioni
dolci? Un cornetto ischitano e una girandola con simile impasto, un po' panoso
e cioccolatoso (da segnalare che - per la prima volta - ho scambiato delle
gocce di cioccolato per uvetta, perché a volte la vita è così bella che non ci
credi e allora pensi che sia uvetta... e invece... è proprio cioccolato, ed è
tutto lì per te.
Tappe obbligate mi sono state imposte: sono stata
"costretta" a provare il Fiocco di Neve di Poppella, classico e al
pistacchio, e anche adesso mi chiedo come diavolo abbia fatto a creare una
delizia così vicina alla perfezione.
Stesso destino mi è toccato per il
Ministeriale, una cialdona di fondente presa da Scaturchio con ripieno di crema
al liquore, mangiata alle 9 di mattina e prontamente alleggerita con una
Delizia al Limone, altro dolce tipico della zona campana. Io poi, che amo il limone
in ogni sua forma *_*
La sfogliatella Vesuvio è stata però una scoperta per
entrambi. Con doppia gobbetta a simulare il vulcano, ripiena di crema e
visciole e con una base di fondente croccante, forse il dolce di cui rimpiango
di non averne abusato.
Ultima menzione, forse d'onore, la ristopescheria
Azzurra di Gagliotta. Qui mi sono lasciata convincere a fare la fila, complice
il fatto di aver saziato abbondantemente i miei appetiti con una dose di 'o
pere e 'o musso e non ho problemi ad ammettere di aver fatto bene a cedere alla
fila di mezz'ora, alla noia, al fastidio degli strilli, all'odore di pesce,
alle chiamate che non erano mai per noi.
Seduti, il menù era tutto da scegliere, ma la frittura
mista, il sauté di frutti di mare e i paccheri fritti ripieni di crema di
baccalà hanno vinto su tutto.
Siamo andati via da Napoli che pioveva, fuori e nel
cuore, pensando a tutti i piatti che Lui ancora deve farmi assaporare, pensando
alla Genovese, al cuzzetiello ripieno di polpette, ai salumi, al ragù napoletano
e a quando ci torneremo, per goderci le sue grandi tette, che ora sanno di
Delizia al Limone, il suo sedere, una zeppolona con le alghe, il suo sorriso
gaudente, risultato degli spritz bevuti a garganella e la falcata pesante,
delle mille fritture di paranza...