La ricerca (fortunata) di un equilibrio

Equilibrio - Carlo Trevisan (Olio su tela)

"...Se solo si fermasse.
Perché davvero, io penso che voglio scendere.
Fermati, fammi scendere, ti prego fermati e io provo a scendere, resto qui, mi metto a bordo strada, di questa strada così polverosa e sto buona, zitta, ferma e sola.
Sto qui per un pochetto, riprendo fiato, riaggomitolo le idee, gli do un senso, un verso, poi bevo un sorso di acqua (perché le strade polverose ti mettono arsura) e barcollando inizio a camminare e nonostante il dolore che sento al polpaccio piano piano trovo sicurezza nelle mie gambe, trovo il mio passo e non sento più il dolore e non sento nemmeno la fatica.
E vado. Dovunque ma vado. Piano.
Però ti prego, Giugno, fermati adesso, fermati e fammi scendere..." 

Sono solo le otto di sera di una serata qualunque, sono acciambellata sul mio letto e ho davanti il portatile. Fuori è fresco, ha piovuto da poco, entrano luce e aria dalla finestra.
Sapete quei momenti in cui devi per forza mettere nero su bianco i tuoi pensieri. Ecco, è uno di quei momenti.
Ma giuro, appena ho un attimo vi passo una ricetta, ne ho una di un caffè da leccarsi i baffi, e poi c'è quella del dessert che ho mangiato dai miei amici e che dire del corso di pasticceria di cui voglio svelarvi un po' di trucchi. Sì, certo, tutto presto ma non oggi.
Oggi ho bisogno di sedermi (o acciambellarmi) e scrivermi, scrivere di me, ancora. 

Io sono egoista nella maniera in cui sono la persona più importante per me stessa. E così è, sono sola e Darwin o Freud o non so chi mi insegna che io devo badare a me; e lo faccio, quotidianamente. 
Ma lo faccio un po' malino mi sà.
"Non hai equilibrio" mi ha detto pochi giorni fa una delle persone che resterà tra le più importanti della mia vita. Il mio equilibrio era lui, mancando quello son finita a volar lontano, è bello ma è anche pericoloso. 
A me piace volare, tanto, mi piace volare senza meta ma non mi piace volare a casaccio. Voglio volare seguendo un binario, anche se questo binario va a zig zag comunque dev'esserci, nella mia vita, una sorta di linea invisibile che mi guidi, fossero anche le montagne russe.
Oggi, a fine Giugno, ne sento prepotentemente il bisogno.

E' che ho vissuto un periodo un po' così... ho fatto valige d'istinto, scelte discutibili, litigate clamorose, ho rassegnato le dimissioni per ritirarle due giorni dopo, ho fatto del male e me lo son fatto fare, ho deluso tante persone e continuerò a farlo, ho messo la mia vita su un ottovolante finendo per vomitarne la metà.

Mi sono tatuata una rivisitazione del simbolo del caos perché credo fermamente di essere un caos di donna e conosco persone che, se leggessero, sorriderebbero amaramente dicendo "ammazza se lo sei, Nàima".
In realtà, non è proprio un semplice tatuaggio, è più un "semplificatore di relazioni sociali".
A tal proposito la posizione in cui l'ho fatto fare non è casuale, è sul lato sinistro dell'avambraccio destro, molto vicino allo storico tatuaggio che feci 21 anni fa, è qui perché questa sarà la seconda cosa che qualsiasi persona che conoscerò d'ora in avanti vedrà, seconda solo ai miei occhi. Vedrà quelli e poi cercherà con lo sguardo la mia mano per stringerla e vedrà lui, il caos, così in qualche modo saprà, sarà simbolicamente avvertita che io sono un caos di donna e ci resterò, qualsiasi cosa possa fare per migliorarmi, tutto questo per la famosa regola dello scorpione che punge la rana, perché è nella mia natura esserlo e non posso cambiarmi.
Dovrò piacere alla gente così come sono, per quella che sono ma, nonostante il mio essere un caos e ammetterlo, sento il bisogno di trovare un equilibrio in questo caos.

Sto cercando la chiave, quella giusta per dar pace alla mia mente, al mio cervello che - ve lo posso giurare - funziona benissimo ma dove interviene quotidianamente il cuore a fottere tutti i miei piani di equilibrio.
E la chiave è una formula magica, un mantra definitivo, un'ispirazione, un quid, un hic et nunc insomma la visualizzo come un appoggio, di quelli su cui noi donne posiamo la mano, per poi alzare lateralmente il piede e sistemare distrattamente una scarpa, un tacco, l'orlo di un pantalone, in una posa che ha così tanto di sensuale che io stessa mi fermo a guardare quando ne vedo una farlo. Pensa un po'!
Ecco, sì, è un appoggio mentale quello che cerco, che non mi faccia cadere, dove fermarmi un secondo, riprender fiato, sistemare un paio di cose e ripartire lenta o veloce a seconda del momento che sto vivendo.

Diciamo che da qui in avanti, se mi incontrate e ho la testa che gira a destra e a sinistra non sarà perché cerco un'amica, un negozio, un numero civico, no, io cerco la chiave del mio equilibrio. 

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