Grosseto: pesce, selvaggina e Game Fair
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ti piace mangiar bene e vivere all'aria aperta
Che strano, ho pensato quella mattina, che strano stare alla Stazione Termini e non partire per Milano, visto che le ultime cinque volte che ci son passata era quella la mia meta. Ma quel giorno no, quel giorno son partita per la Toscana, per un week end all'insegna della cucina grossetana, a base di pesce e selvaggina, due pilastri di un territorio dove, a poche decine di chilometri di distanza, si estendono boschi incantati e mare azzurro (con i rispettivi prodotti a disposizione).
Nel mio viaggio non ero sola...
c'erano con me Daniela del food blog Cucina Libri e Gatti e Massimo,del food blog giornalista esperto in viaggi e tradizioni (nonché il buon vecchio Fabio, nostro Cicerone per tutto il tempo).
c'erano con me Daniela del food blog Cucina Libri e Gatti e Massimo,
Siamo giunti a Grosseto in tempo per il pranzo, ospiti del ristorante Da Diva che sta in Piazza Dante.
Il ristorante, a gestione familiare, propone ai suoi ospiti sia pesce che carne, con una puntatina d'obbligo sulla cacciagione (cinghiale, tanto per fare i nomi) molto consumato e apprezzato, piatto tipico della tradizione maremmana.
A pranzo abbiamo optato per il pesce, e siamo stati deliziati da un antipasto misto e un primo piatto, entrambi abbondanti e veramente ben preparati.
Insalatina di mare, mousse di spigola, gamberi fritti in salsa tartara, crostino di rana pescatrice, polpo e patate nell'antipasto, pici fatti in casa alla marinara, con gamberone, calamari e vongole per il primo. Tutto ottimo, ben condito e ricco di pesce. Bravi!
A seguire una passeggiata per scoprire il centro storico di Grosseto, centro che per me (quasi) non ha più segreti, visto che ci sarò stata forse sei, forse sette volte, ma che per gli altri era un'assoluta novità .
Camminando tra le viuzze, tra negozi fashion, bar e ristorantini colorati, se si fa caso ai particolari capiterà di notare una serie di fogli appesi ai muri, poesie del Movimento per l'Emancipazione della Poesia, che spande il suo verbo in rima per le pareti del centro, formandosi con sigle e dando libero sfogo ai suoi adepti, per la gioia o quantomeno la curiosità dei passanti più attenti (e romantici).
Per il pomeriggio era poi previsto un mini showcooking della signora Diva, padrona del locale dove avevamo pranzato (e dove avremmo cenato) nonchè cuoca provetta, che ci ha mostrato come realizza i suoi famigerati tortelli ricotta e spinaci, tirando la sfoglia a mano, in maniera così perfetta da portarla ad essere trasparente, in un concatenamento di lavori per cui, su tre donne impiegate in cucina, ognuna aveva il suo compito e ognuna si muoveva senza bloccare la catena di assemblaggio tortelli, sfornandone decine su decine, pronti per la cena serale.
La cena serale, appunto, post premiazione evento Game Faire, dove, oltre ai giornalisti premiati, sono intervenuti Matteo Marzotto (ci crederete che è stato lui stesso a chiedere un selfie?) e altre personalità di rilievo, è stata l'occasione per assaggiare i tortelli visti preparare nel pomeriggio.
La fama che li accompagnava era meritata, la sfoglia conteneva il ripieno senza rompersi ma aveva in sè la magia di sciogliersi in bocca, il ripeno, sicuramente anche grazie alla ricotta di pecora, notoriamente più intensa e saporita di quella di mucca, reggeva bene la sfida dei sapori con il ragù di carne, i due procedevano a braccetto senza farsi alcuno sgambetto (perdonate la rima).
A seguire, il cinghiale alla cacciatora, solo cinghiale, sugo e olive nere, aromatizzato con il rosmarino e cucinato con un procedimento differente da quello a cui sono abituata, che prevederebbe una marinatura di molte ore in vino rosso, cipolla, bacche di ginepro ecc. Invece la signora Diva ci ha spiegato che salta questo passaggio, che - al massimo - se gli capita un cinghiale particolarmente coriaceo lo tiene sotto acqua corrente per una giornata, ma che dopo averlo tagliato lo mette in pentola, togliendogli la prima acqua e continuando poi la cottura per due ore e mezzo circa.
La cena è proseguita in mezzo a chiacchiere, risate, racconti, amicizie e buffi aneddoti (sapevate, per esempio che le civette vomitano? No? Beh, ora lo sapete!!) tuffi nei social e apnee (le mie, perché a volte mi piace, rifugiarmici, nei social) il tutto annaffiato da Morellino di Scansano, un delizioso rosso più giovane e una riserva con qualche grado in più.
Il mattino dopo, giusto il tempo di una lauta colazione e tutti pronti, direzione Grosseto Fiere, a Braccagni, un po' fuori la cittadina, per l'apertura dei tre giorni del Game Faire una manifestazione fieristica arrivata al suo 25esimo anno, per la prima volta presente in territorio grossetano.
Qui abbiamo respirato l'aria campestre immergendoci in una fiera tutta dedicata alla vita bucolica, con stand, prove sul toro meccanico, dimostrazioni cinofile e spettacoli equestri nonché rievocazioni storiche e tiro al piattello.
Qui abbiamo respirato l'aria campestre immergendoci in una fiera tutta dedicata alla vita bucolica, con stand, prove sul toro meccanico, dimostrazioni cinofile e spettacoli equestri nonché rievocazioni storiche e tiro al piattello.
Ecco, il tiro a piattello, appunto. Quel simpatico sport nel quale mi sono cimentata e che mi ha procurato tanto divertimento, un indolensimento alla spalla e un paio di schiaffoni sulla guancia per la mia totale incapacità di imbracciare correttamente il fucile. Pare comunque che - nonostante mi sia dimostrata negata - sia comunque riuscita a colpire il primo piattello lanciatomi (la prova video parla chiaro!). Son soddisfazioni, credete a me!
Questa due giorni è stata anche occasione per parlare di selvaggina,
con il progetto "Selvatici e buoni. Una filiera alimentare da valorizzare" per discutere su come rivalutarla in tavola, perché è
vero che in Italia viene cucinata con difficoltà ma è anche vero che è difficile
trovarla disponibile nelle macellerie e che solamente alcune zone come
quella della Maremma, vantano una tradizione che abbraccia
anche la cacciagione mettendola al centro del panorama culinario. Per far sì che mangiare quaglie, cinghiali o altri animali della fauna selvatica divenga un'abitudine più vicina alle famiglie italiane si è pensato di creare delle sinergie di intendi e di formazione in cui tutti gli operatori della filiera cacciagione saranno coinvolti, dal ristoratore (che spiega le sue esigenze al fine di creare un piatto) al norcino (che detta le regole per ottenere un determinato prodotto) e via dicendo.
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